Le parole di Papa Francesco dedicate al discernimento e alla figura di Sant’Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia dei gesuiti, che permettono di distinguere il bene dal male all’interno della propria vita, con una tecnica molto precisa.
“C’è uno sviluppo del discernimento: capiamo cosa sia il bene per noi non in modo astratto, generale, ma nel percorso della nostra vita”, ha spiegato Bergoglio nella catechesi dell’udienza di oggi, tornata in piazza San Pietro. In questo modo il Pontefice intraprende qualcosa di molto simile a un percorso centrato sugli Esercizi spirituali della congregazione di cui fa parte. È infatti proprio al testo principale del fondatore della Compagnia di Gesù che ha fatto riferimento nella sua catechesi offerta ai fedeli.
“Quando si fa strada, ci si chieda cosa si cerca”
“C’è una storia che precede chi discerne, una storia che è indispensabile conoscere, perché il discernimento non è una sorta di oracolo o di fatalismo, o una cosa di laboratorio, come gettare la sorte su due possibilità”, ha detto Francesco, aggiungendo che “le grandi domande sorgono quando nella vita abbiamo già fatto un tratto di strada, ed è a quel percorso che dobbiamo tornare per capire cosa stiamo cercando”.
“Se nella vita si fa un po’ di strada, perché cammino in questa direzione, che sto cercando? E lì si fa il discernimento”, ha affermato Bergoglio, per passare così alla “premessa importante” che Sant’Ignazio mette come perno per il discernimento. “A coloro che passano da un peccato mortale all’altro, il demonio comunemente è solito proporre piaceri apparenti – tranquillizzarli, che tutto va bene – facendo loro immaginare diletti e piaceri sensuali, per meglio mantenerli e farli crescere nei loro vizi e peccati. Con questi, lo spirito buono usa il metodo opposto, stimolando al rimorso la loro coscienza con il giudizio della ragione”.
Bergoglio ha così lasciato intendere ai fedeli che tutto questo è necessario perché “i pensieri del mondo all’inizio sono attraenti, ma poi perdono lo smalto e lasciano vuoti, scontenti. I pensieri di Dio, al contrario, suscitano dapprima una certa resistenza – questa cosa noiosa dei santi! – ma quando li si accoglie portano una pace sconosciuta, che dura nel tempo”.
L’esempio tratto dalla vita del Fondatore dei Gesuiti
Il Papa ha infatti preso spunto dalla vita stessa e dall’esempio di Sant’Ignazio di Loyola, e nello specifico da “un episodio decisivo della sua vita” avvenuto in un giorno in cui il santo si trovava a casa, convalescente, dopo la ferita alla gamba ricevuta in battaglia. “Per scacciare la noia chiede qualcosa da leggere. Lui amava i racconti cavallereschi, ma purtroppo in casa si trovano solo vite di santi. Un po’ a malincuore si adatta, ma nel corso della lettura comincia a scoprire un altro mondo, un mondo che lo conquista e sembra in concorrenza con quello dei cavalieri”, ha raccontato il Papa.
Fu così che Sant’Ignazio “resta affascinato dalle figure di San Francesco e San Domenico e sente il desiderio di imitarli. Ma anche il mondo cavalleresco continua a esercitare il suo fascino su di lui. E così avverte dentro di sé questa alternanza di pensieri – quelli cavallereschi e quelle dei santi – che sembrano equivalersi”, ha proseguito Francesco.
Ignazio però “comincia anche a notare delle differenze”. “Pensando alle cose del mondo provava molto piacere, ma quando, per stanchezza, le abbandonava si sentiva vuoto e deluso. Invece, andare a Gerusalemme a piedi nudi, non cibarsi che di erbe, praticare tutte le austerità che aveva conosciute abituali ai santi, erano pensieri che non solo lo consolavano mentre vi si soffermava, ma anche dopo averli abbandonati lo lasciavano soddisfatto e pieno di gioia”.