Una denuncia fatta sul serio, contro il dik-tat di Malagò, ma con motivazioni comiche e grottesche. “Locali non idonei, pericolo diffusione del Covid…”
Una storia grottesca, comica e ai limiti del paradossale. E sempre il Circolo Canottieri Aniene e la decisione di dare la possibilità alle donne di iscriversi al famoso circolo, cosa che fino a qualche mese era proibita, anche se non solo all’Aniene, e questo va sottolineato. Di vecchi e prestigiosi circoli nella capitale, non c’è solo l’Aniene, ma tanti altri. Il primo agosto una giudice del tribunale civile di Roma ha dovuto occuparsi di una vicenda particolarmente urgente: un socio del Circolo canottieri Aniene di Roma si sentiva turbato, ferito e leso nei suoi diritti dalla delibera assembleare del 4 aprile del 2022. Quella famosa con la quale nel circolo del numero 1 dello sport italiano Giovanni Malagò veniva consentito alle donne di iscriversi.
Una svolta importante, anche per tutto il clamore che ha sollevato, visto che tra i soci sportivi c’è una signora come Federica Pellergrini e non solo. Il ricorso è stato presentato da un socio anziano, un architetto di 82 anni che non voleva arrendersi, tanto da richiedere l’intervento immediato di un giudice. “Affinché venga sospesa subito la deliberazione sussistendo gravi motivi” si legge nell’ultima delle 20 pagine del ricorso firmate dall’avvocato Vincenzo Ioffredi.
Con l’arrivo delle donne, pericolo pandemia perché, si legge nel ricorso, i “locali non idonei per il Covid”
Il giudice ha visionato il ricorso e, come era prevedibile, la vicenda è finita è l’eminente architetto ha ricevuto una vera e propria pernacchia dal magistrato Daniele Gaetano che motiva così: nessuna urgenza, nessun motivo per annullare la delibera, le cose restano così. Ma quello che fa un po’ sorridere è quanto c’è scritto nel ricorso, visto che sembra di essere in un film di Natale, un cinepanettone per intenderci. “L’assemblea – si legge nel ricorso scritto tutto in punta di diritto e assai articolato – si è svolta il 4 aprile presso la sede del Circolo come risulta dal verbale, che indica l’intervento personale di397 associati, portatori di novantanove deleghe ” . Secondo l’architetto, la location dove si è svolto il voto per far iscrivere le donne non era adatta perché “i locali erano inidonei sia al chiuso sia all’aperto, per prevenire la diffusione del Covid, per la manifestazione di voto dei partecipanti”. Dunque: per fare entrare una donna, si è rischiata un’epidemia.
Ma quello che è andato proprio giù al socio sono state le modalità di voto. Il presidente dell’assemblea aveva optato per l’alzata di mano, trattandosi verosimilmente di un plebiscito. E invece no: all’Aniene i soci ci tengono a fare le cose per bene. Nonostante l’indignazione dell’architetto, la giudice non ha ritenuto che ci fossero gli estremi per annullare l’assemblea. Nel merito perché, come tra l’altro ha scritto lo stesso Circolo nella memoria che è stato costretto a presentare, quello di aprire alle donne è un dovere Costituzionale. Ma la sensazione è che tutta questa storia non sia finita qui, ma ci saranno altri interventi e ricorsi.