Scoppia una nuova bufera sul controverso sistema europeo di valutazione dei prodotti alimentari Nutriscore, che metterebbe a rischio i prodotti del Made in Italy con valutazione particolarmente capziose.
Un report Ue utilizza un sistema in cui si strizza l’occhio apertamente al Nutriscore, creando così un contesto di concorrenza sleale all’interno del Continente stesso.
La conclusione di uno studio sull’etichettatura degli alimenti pubblicato venerdì dal Centro Comune di Ricerca della Commissione europea afferma che “le etichette semplici, valutative e con codice di colore sono più facilmente comprensibili”, per la ragione che queste “richiedono meno calcoli mentali per essere elaborate”.
Fino qui, sembrerebbe un ragionamento che fila liscio, almeno all’apparenza. Perché di fatto la conclusione strizza l’occhio al controverso sistema del Nutriscore, l’etichetta a semaforo partorita in Francia che però pone sgradevoli valutazioni verso i prodotti italiani, penalizzando pesantemente in questo modo il settore agroalimentare Made in Italy.
Il report Ue che mette bibite gassate prima dell’Olio d’oliva
Il report è particolarmente importante perché i suoi risultati verranno considerati al fine di definire il nuovo regolamento sull’etichettatura obbligatoria dei prodotti, che la Commissione europea dovrà varare entro il 2023 al fine di promuovere un’alimentazione sana e di ridurre l’incidenza di patologie tra cui diabete, malattie cardiovascolari e cancro in Europa.
Il sistema, a differenza del Nutrinform battery, considerato più preciso dal governo italiano, premia gli alimenti con meno zuccheri, grassi e sale, a prescindere dall’effettivo utilizzo dello stesso prodotto all’interno della propria dieta alimentare. La problematicità di questo strumento nasce dal fatto che, nel mommento in cui si considera il valore dei nutrienti per 100 grammi di prodotto, il Nutriscore finisce per scoraggiare il consumo di prodotti al contrario del tutto salutari, molti dei quali alla base della dieta mediterranea.
Tra questi ci sono, ad esempio, l’olio extravergine d’oliva, valutato dal Nutriscore come meno sano di una qualsiasi bibita gassata senza zucchero. Per cui gli ultimi risultati dell’analisi del Centro Comune di Ricerca della Commissione, che sponsorizzano questa impostazione da molti considerata fallace e faziosa, hanno sollevato una nuova bufera.
Le parole di Confagricoltura, Coldiretti e politici italiani
“Il Nutriscore è un sistema di etichettatura fuorviante, discriminatorio ed incompleto che finisce paradossalmente per escludere dalla dieta alimenti sani e naturali che da secoli sono presenti sulle tavole per favorire prodotti artificiali di cui in alcuni casi non è nota neanche la ricetta”, sono le parole della Coldiretti.
A cui fanno seguito quelle del presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, secondo cui il sistema Nutriscore porta “il consumatore a fare delle scelte non ponderate, basate solo su una veloce lettura”.
Per il sottosegretario leghista alle Politiche Agricole Gian Marco Centinaio tutto parte da “un algoritmo sbagliato, fuorviante e superficiale”, mentre per Codacons si tratta di “classificazioni degli alimenti fuorvianti e ingannevoli”. Secondo il sottosegretario agli Affari Europei, Vincenzo Amendola, siamo di fronte a “un sistema di etichettatura basato sui canoni della grande distribuzione”.
Per Carlo Piccinini, di Alleanza cooperative Agroalimentari, l’etichetta premierebbe infatti i “cibi industriali che vengono lavorati ad arte proprio per avere un punteggio migliore”, penalizzando tristemente “i tantissimi prodotti tradizionali di cui la dieta mediterranea è ricca”.